Un tour alla scoperta dei chiostri tra Parma, Piacenza e Reggio Emilia
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A volte, si può andare oltre l’evidenza di una facciata strabiliante per scoprire i gioielli più intimi e da quelli partire per poi tornare in superficie e lasciarsi incantare dalla meraviglia che investe lo sguardo. Adottando questa filosofia, è possibile approcciarsi ad abbazie, chiese, complessi monastici e borghi di cui il territorio compreso tra le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia è ricchissimo, iniziando dai chiostri.
Cuore di strutture dall’ingegnosa progettazione che offrono allo stesso tempo nutrimento per occhi distratti dagli infiniti tic del paesaggio urbano, sono spazi segreti ma aperti a chiunque intenda la spiritualità in senso neutro, come momento intimo e personale, e a quanti, molto semplicemente, vogliano passeggiare con lo sguardo e con i piedi in gioielli architettonici che hanno ospitato nei secoli autentiche maratone dialettiche e meditative. Visit Emilia propone di seguito una ristretta ma essenziale selezione dei più affascinanti chiostri in campionario.
Parma
Assieme alla Cattedrale di
Parma, il Monastero di
San Giovanni Evangelista
è uno scrigno di arte e di storia che non conserva solamente
la
splendida cupola affrescata dal Correggio e la Storica Spezieria. Tra i
segreti meglio custoditi dalle possenti mura del complesso benedettino
risalente al X secolo, ci sono ben tre chiostri, un’autentica
oasi di
pace nel centro storico della città, accessibili sulla
destra
dell’uscita della chiesa.
Appena entrati, ciò che colpisce è il silenzio. La regola benedettina accoglie i visitatori: “Ora et labora” leggiamo lungo la parete del primo chiostro, detto di San Giovanni o della Porta, che è in realtà il più recente. Edificato tra il 1537 e il 1538, presenta un porticato a colonne ioniche, una fontana centrale inaugurata nel 1589 e resti di affreschi del tardo ‘500, come quelli di Leonardo da Monchio ed Ercole Pio, datati 1579.
Una porta sulla destra ci fa accedere alla Biblioteca Monumentale, divisa in tre navate, con due file di cinque colonne ioniche che reggono, coi muri perimetrali, il soffitto composto di diciotto volte a tutto sesto. Strabiliante il programma pittorico dall’Abate Stefano Cattaneo da Novara, che comprende 5 carte geografiche, la genealogia di Cristo e 3 cronologie, 4 spazi con illustrazioni delle costruzioni archetipiche dell’Antico Testamento, la celebrazione della vittoria di Lepanto, la decorazione delle volte a grottesche e quella delle lunette sopra le due porte
Sotto la loggia del chiostro successivo, il più antico e non a caso detto del Capitolo, si apre la sala capitolare. Il più grande dei tre è però il Chiostro di San Benedetto, costruito tra il 1508 e il 1512 e caratterizzato da un’elegantissima linea che dà un senso di leggerezza al portico di 36 colonne, ognuna delle quali separata dalla successiva da 26 tondini con figure di santi realizzate Giovanni Battista Merano e Tommaso Aldovrandini a fine ‘600.
Per una gita fuori porta, sempre alla ricerca dei chiostri più suggestivi, si può raggiungere, la Badia di Santa Maria della Neve, fondata da Pier Maria Rossi a Torrechiara nel 1471 attorno alla preesistente chiesa dedicata alla Madonna della Neve. I capitelli del chiostro quattrocentesco richiamano quelli presenti nel cortile d’onore del vicino castello, mentre la campana originaria di “magister Antonius” e una formella in cotto con la Flagellazione, tratta da un marmo dell’Amedeo (1481-84), offrono piacevoli inquadrature tra le armoniose arcate del perimetro quadrangolare. Qui, un passo dopo l’altro, si può sbirciare negli ambienti che le pareti lasciano intuire: tra essi, un piccolo oratorio impreziosito con affresco raffigurante la Madonna col Bambino in Mandorla.
Piacenza
I 700 anni dalla morte di
Dante forniscono lo spunto per una visita all’Abbazia
di Chiaravalle della Colomba,
inserita nei due Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa
“Via
Francigena” e “Route Européenne des
Abbayes Cicterciennes” e fondata
all’incirca nel 1136 nei pressi di Alseno dallo stesso San
Bernardo,
che del Sommo Poeta fu l’ultima guida in Paradiso.
L’integrità
mantenuta dal trecentesco chiostro quadrato che costituisce il cuore
della struttura – il cui nome deriva dalla leggenda secondo
la quale fu
una bianca colomba a delineare con delle pagliuzze depositate davanti
ai monaci il perimetro della futura costruzione – permette di
apprezzarne la qualità architettonica, decorativa e
mistico-simbolica
tipica del medioevo e soprattutto l’affascinante armonia
delle parti.
Magistrali sono i raccordi e i ritmi contrappuntati di elementi che si
moltiplicano per combinarsi in un tutt’uno di sublime
coerenza: le
simbologie cifrate si insinuano nelle 24 partizioni a quadrifora,
così
come nelle 96 arcatelle ogivali, nelle 130 colonnine binate in marmo
rosa di Verona, nei 20 speroni a contrafforte avanzati e nella cornice
ad archetti e tortiglione. Specie alla luce di alcune precise ore del
giorno, una passeggiata lungo i 40 metri dell’anello
claustrale evoca
un passato di meditazione monastica favorita dal contrasto tra rigore
esistenziale e splendore artistico, qui sintetizzato in dettagli come
le colonne ofitiche, i capitelli figurati o le figure telamoniche agli
angoli interni del portico.
In questo itinerario alla ricerca dei luoghi del raccoglimento, una menzione meritano poi i chiostri della Chiesa di San Sisto a Piacenza – carissima ai Farnese e custode tra l’altro del monumento funebre a Margherita d’Austria e di una copia della celeberrima Madonna Sistina di Raffaello, il cui originale venne venduto nel 1754 ad Augusto III re di Polonia. Insigne tempio rinascimentale e opera prima di Alessio Tramello, il chiostro si presenta allo sguardo dei visitatori che attraversano il portone di ingresso come un ampio triportico con ventuno arcate a pieno centro sostenute da colonne in granito; sopra le arcate sono ancora visibili antichi medaglioni affrescati, che raffigurano diciotto immagini di imperatori e abati.
Addentrandosi in Val Trebbia merita poi una visita il complesso dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, nota soprattutto come fonte d’ispirazione – con il suo Scriptorium, oggi purtroppo in gran parte disperso – per “Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Fu uno dei più importanti centri monastici d’Europa durante il Medioevo, l’ultimo fondato in Italia da San Colombano nel 614 e ancora oggi cuore pulsante, dal punto di vista culturale, del borgo.
Reggio
Emilia
C’è la
mano inconfondibile di Giulio Romano in quel meraviglioso esempio di
complesso monumentale del Rinascimento che sono i Chiostri
di San Pietro,
nel centro storico di Reggio Emilia. Nel cuore dell’antico
monastero,
colpiscono per la complessità progettuale e
l’eterogeneità del disegno.
Dei due chiostri, recentemente magistralmente restaurati, attorno ai
quali si articola la struttura, il più piccolo –
forse ideato da
Alessio Tramello – è un trionfo di volte a botte e
cupolette angolari,
bifore, timpani e lesene scanalate. Le colonnine binate in marmo rosso
e bianco del Clemente e le decorazioni murarie del Moresino completano
il colpo d’occhio di questa oasi di pace che favorisce un
senso di
estrema lontananza dall’incombente caos cittadino.
Alla sua raffinatezza da miniatura emiliana, si contrappone armoniosamente l’imponenza scultorea tardo manierista del chiostro grande. La cifra stilistica di Giulio Romano permea un ambiente perimetrato popolato da colonne ioniche alternate da aperture archivoltate a bugnato, finestre timpanate e nicchie con statue secentesche di santi dell’ordine benedettino. Oggi un percorso poliedrico, uno spazio espositivo, un centro culturale di rilievo internazionale e luogo di partecipazione e confronto, di socialità e innovazione aperta; luogo anche di co-Work con comode postazioni progettate per fornire spazio e servizi informatici, tecnologici e momenti di pause con uno spazio food e caffetteria.
Tra i più antichi luoghi di devozione della città, il convento di San Domenico venne costruito tra il 1233 e il 1236 sull’onda dell’entusiasmo suscitato nella popolazione dalla predicazione di fra Giacomino da Reggio. Adibito già nel tempo a caserma, poi a Deposito Stalloni, e a istituto per l’incremento ippico dell’esercito, il complesso cela nel proprio ventre due chiostri che conservano nel loro aspetto l’aura di una storia originalissima. Sul più grande, edificato nel corso del XVI secolo, si affacciavano le celle dei frati, mentre nel chiostro piccolo, dominato dalla fiancata dell’antica chiesa dominicana, il passato si incontra col contemporaneo della scultura “Less Than” di Robert Morris. Nel passaggio fra il primo e il secondo cortile, due lunette lasciano intuire la presenza di dipinti a fresco seicenteschi raffiguranti “Cristo e una santa Domenicana” e “la Madonna con alcune Domenicane”. L’ala sud dei chiostri è oggi adibita a spazio espositivo, mentre il primo piano è sede dell’Istituto Musicale A. Peri, le cui note rendono ancora più suggestiva l’atmosfera che accoglie chi entra nel chiostro.